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Il sogno di un giovane, il letto di un ospedale e una malattia terminale…

Venerdì 24 maggio, nel letto del reparto di oncologia dell’Ospedale Militare di Varsavia, Michał Łos, un seminarista dei Figli della Divina Provvidenza, molto malato, è stato ordinato diacono e sacerdote per mano del vescovo Marek Solarczyk.


È quanto mi appare sul profilo di Facebook della provincia polacca dell’Opera Don Orione. La notizia ormai ha fatto il giro dei social ed è arrivata nelle varie parti del mondo. Tutto ciò mi commuove, mi incuriosisce e accende in me l’ orgoglio d’essere polacca.

Immediatamente la mia mente si ‘trasferisce’ in ospedale, quel luogo dove ho trascorso diversi mesi, per non dire anni, della mia vita. Davanti ai miei occhi passano gli innumerevoli ammalati  che ho incontrato nelle varie degenze, i loro parenti, le persone a loro care e le reazioni veramente ‘variopinte’ che ho vissuto personalmente e con cui mi sono scontrata convivendo con tanti sofferenti.

Potrei descrivere una vasta gamma di sfumature di emozioni e di atteggiamenti, passando dalla rabbia alla ribellione, dal vittimismo alla rassegnazione, per arrivare alla fede, al coraggio, alla forza, come don Michał.


Questo giovane ragazzo è riuscito in quel letto di ospedale, in quel luogo che facciamo fatica a considerare sacro, a consegnare la sua malattia a Dio tra le lacrime ma anche con una gioia mai sperimentata finora.

Quel letto di ospedale è diventato l’ambone da cui predica, senza bisogno di pronunciare parole, ai suoi Fratelli dell’Ordine e non solo. Annuncia la Buona Novella, la speranza, il coraggio e annuncia che «nulla ci può separare dall’amore di Cristo».


Papa Francesco al Circo Massimo, nel 2018, ha detto ai giovani: «Siate voi pellegrini sulla strada dei vostri sogni, rischiate su quella strada. Perché la vita non è una lotteria, la vita si fa».

E questo novello sacerdote ha messo in pratica questo invito, testimoniando che nulla può spegnere i nostri sogni più profondi, neanche un letto d’ospedale, una malattia come il cancro, la sofferenza e i dolori atroci che ne derivano.

Da un desiderio di un trentunenne, giovane, follemente innamorato in Dio, scaturisce una catena d’Amore. Don Michał con il suo sogno ha dato la possibilità a tanti di mettersi in moto e diventare  strumenti d’amore: il suo Provinciale, il Vescovo, Papa Francesco, i suoi confratelli, famigliari e tanti altri…


Sembra di assistere ad una danza d’amore. Nella Chiesa, ultimamente così tanto criticata, si respira il clima della solidarietà, della comprensione, della festa, dell’unità, della preghiera.

Come non pensare allora alle parole che un ragazzo gravemente ammalato ha detto al cardinale Comastri: «Noi ammalati siamo la terapia che il Signore usa per curare i sani». Quanta verità è contenuta in queste parole!

Grazie Don Michał per averci ricordato che la sofferenza è un mistero impenetrabile a cui non possiamo sfuggire, ma che possiamo decidere come affrontarla e come viverla. Non voglio arrendermi, vorrei confidare sempre, lottare e vivere ogni dolore in Cristo rendendolo fecondo e realizzando il sogno di Dio nella mia vita.

Agnieszka Flanek

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