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HO APERTO IL MIO CUORE E HO IMPARATO A GUARDARE (diario di Rachele Micheli – Campo Brasile 2016)

Ogni volta che pensavo a questo viaggio e al Brasile.. ogni volta che mi ponevo qualche interrogativo su tutto quello che avrei potuto trovare qui, in questa terra.. non ero mai in grado di darmi risposte ben precise. Sicuramente, anche fantasticandoci su, non potevo neanche immaginare la più piccola parte di quel che poi è concretamente tutto questo. Perché fin quando non si vede e non si tocca, non con gli occhi e con le mani, ma con il cuore completamente aperto, questa realtà ci resterà sempre nascosta. Ho visto situazioni che noi siamo abituati a classificare “disumane”; ho visto persone vivere e soprattutto sorridere nonostante condizioni che noi riteniamo a priori “sconvenienti”; ho ascoltato le storie di chi, secondo i nostri schemi, avrebbe dovuto lamentarsi già da un bel pò e invece continua a voler vivere spudoratamente; ho visto una terra che per alcuni aspetti non ha una dignità, una terra schiava della povertà, del bisogno; ho potuto scorgere un mondo che a noi sembra inadeguato, sì.. ma in tutto questo, che in realtà è nulla, ho visto una cosa: l’essenzialità. Ho visto la vita.. quella sudata, guadagnata, tante volte anche rischiata.. quella vera. Persone nude e povere di tutto, ma con un grande cuore, una grande fede, un’accoglienza davvero mai vista.
In questi giorni, qui, mi è capitato molto spesso di sentire gli uccellini cinguettare, di vederli volare; così ho iniziato a pensare che affrontare questa esperienza sia paragonabile davvero allo spiccare il volo. Spiccarlo verso quei “nuovi orizzonti” che permettono di arrivare poi a nuove conoscenze, nuove consapevolezze. Consapevolezze su uno stile di vita completamente inaspettato, su una fede e una spiritualità diversa, o anche su un diverso modo di pensare, agire, vedere le cose. Consapevolezze su quel che poi sei tu davvero e con le quali ti rendi conto che in realtà non accetti i tuoi limiti e nascondi anche a te stesso di averne, non sei mai grato di ciò che hai perché dai tutto per scontato, non ti fai ultimo, non apprezzi del tutto il fratello e sono poche le volte che lo aiuti davvero, non sai meravigliarti di fronte a nulla perché sei abituato a ricevere tutto come un dovere, non sei in grado di ascoltare abbastanza e così di vedere che chi hai accanto può avere bisogno di te.
E quindi ti ritrovi proiettato verso quei nuovi orizzonti che arricchiscono ogni parte di te, che ti fanno rendere conto di quanto davvero può l’amore. L’amore di questa terra, l’amore di ognuno di questi ragazzini, o ancora, di tutta questa gente che stai incontrando per la prima volta, ma ti accoglie e ti tratta come se ti conoscesse da una vita.. e allora capisci che qui, o comunque da qualsiasi altra parte, sei tu il povero, il piccolo. Sei tu lo straniero, quello che non si lascia amare, che non si lascia andare.
Così ti fermi a guardare questo popolo.. ancora troppo sfruttato, ancora troppo ferito e abbandonato, dimenticato. E pensi. Pensi a te, pensi a loro. Pensi a te e loro, a te con loro. Pensi a tante, forse troppe, cose.
E ora cosa si fa? Cosa si fa dopo che una terra con tutti i suoi colori e i suoi volti, con i suoi sorrisi e i suoi bambini, con le sue tradizioni e le sue caratteristiche, belle o comunque più dure da affrontare, ti ha aperto, riempito e poi rubato il cuore?!
Rachele

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